ARCHEOLOGIA.
Per la ricerca Archeologica viene utilizzato un approccio integrato di metodologie geofisiche. Le strutture sepolte vengono rilevate mediante tomografia elettrica 2D-3D, gradiometria ad alta risoluzione e georadar. Il risultato finale è costituito da mappe interpretative dove sono indicate ubicazione e caratteristiche dei target archeologici individuati.
INDAGINI 3D SU EDIFICI E ANALISI MODALE.
Le indagini geofisiche usate a supporto di studi ingegneristici su elementi strutturali di edifici possono avere per obiettivo sia la programmazione di interventi di consolidamento che la valutazione della loro vulnerabilità strutturale. Le più utilizzate sono una combinazione di indagini Georadar e tomografia elettrica 3D, che permettono di individuare, in modo non invasivo, la presenza di acqua, vuoti e verificare la tipologia di fondazioni. L’indagine Georadar mediante antenne ad alta frequenza, permette di studiare la tipologia di armatura. L’analisi modale degli edifici è caratterizzata da misure con sismometri triassiali che forniscono le frequenze proprie di oscillazione della struttura.
Nel corso degli ultimi anni lo sviluppo degli strumenti interpretativi per le indagini di tomografia di resistività elettrica ha ampliato lo spettro di possibilità fornite in fase di acquisizione. Accanto alle consuete geometrie che utilizzano profili 2D, griglie 3D di elettrodi superficiali, sistemi di elettrodi in foro, innovative geometrie 3D trovano oggi applicazione in diversi contesti, quali l’ingegneria civile e geotecnica, le indagini a scopo ambientale, l’archeologia. Tra queste geometrie si devono menzionare in particolare le configurazioni superficiali che fanno uso di disposizioni elettrodiche a forma di L, U o anulari (loop di elettrodi).
Software dedicati, per elaborare i dati acquisiti, consentono di creare e gestire array regolari ed irregolari creando sequenze quadripolari personalizzabili (configurazioni 2D e 3D, in foro, in superficie o mista). Grazie all’algoritmo di modellazione agli Elementi Finiti Tetraedrici, è possibile invertire le misure acquisite in contesti con topografia e geometrie estreme. Un nucleo di routine di inversione consente l’interpretazione robusta e affidabile delle misure di campagna, anche in presenza di livelli considerevoli di rumore.
E’ possibile visualizzare i risultati dell’inversione mediante una completa serie di oggetti grafici (sezioni, superfici iso-resistive, volumi). L’elaborazione 3D è quindi in grado di fornire una visione tridimensionale delle varie strutture sepolte (complesso fondale, eventuali sversamenti, variazione litologiche 3D), soprattutto permette di ottenere numerose informazioni in condizioni di poco spazio, altrimenti non investigabili con i classici stendimenti elettrici 2D.
Il metodo geoelettrico nelle indagini geofisiche sfrutta le proprietà di rocce e sedimenti (terre) di condurre in modo diverso la corrente elettrica. Il parametro che viene misurato è la resistività elettrica che dipende dalla porosità, dalla permeabilità e dal contenuto ionico dei fluidi di ritenzione.
La Tomografia elettrica rappresenta un’evoluzione recente dei Sondaggi Elettrici Verticali (S.E.V.), ed è funzionale grazie ai notevoli progressi dell’elettronica digitale e della modellistica geofisica. A seconda della distanza reciproca tra gli elettrodi che immettono la corrente e gli altri che la misurano, si possono investigare profondità sempre maggiori di terreno. Vengono usati array diversi a seconda della problematica da indagare, in generale i più utilizzati sono: Schlumberger, Wenner, dipolo-dipolo.
La tomografia elettrica è un metodo di acquisizione ed elaborazione del dato che restituisce rappresentazioni bidimensionali e tridimensionali ad alta risoluzione delle caratteristiche elettriche del sottosuolo, e permette una ricostruzione elettrostratigrafica di questo.
Le esplorazioni elettromagnetiche sono finalizzate all’individuazione di zone caratterizzate da valori anomali di conduttività elettrica. Esiste una notevole varietà di metodi elettromagnetici ed esistono numerose classificazioni per poterli suddividere; ognuno di questi metodi si basa sulle misurazioni di una o più componenti del campo elettromagnetico indotto nel terreno da un campo primario. Il campo primario, generato da una sorgente naturale o da una corrente alternata artificiale, si propaga nel terreno sottostante inducendo delle correnti nel semispazio conduttore. A loro volta, le correnti così prodotte generano un campo secondario che distorce il campo primario e che, differendo in intensità, fase e direzione da quest’ultimo, indica la presenza di conduttori nel sottosuolo.
Il metodo elettromagnetico FDEM consiste nell’inviare nel sottosuolo attraverso una bobina trasmittente (Tx) un campo elettromagnetico primario, che induce una circolazione di corrente. Tale circolazione di corrente genera nel semispazio investigato un campo elettromagnetico, detto “secondario”, la cui intensità è proporzionale alla conduttività elettrica del mezzo attraversato.
La bobina trasmittente (Tx) immette nel terreno un campo EM detto primario; dal campo totale misurato alla bobina ricevente (Rx) otterremo il campo secondario dovuto alla variazione di corrente indotta. A parità di campo elettromagnetico primario indotto nel sottosuolo, l’intensità del campo secondario sarà tanto più elevata quanto più alta sarà la conduttività del mezzo attraversato. Del campo secondario sono considerate le componenti in quadratura e in fase rispetto al campo elettromagnetico trasmesso.
La componente in fase rispetto al campo primario, misurata in parti per migliaia (ppm), è generalmente indice della presenza di strutture metalliche (conduttive e suscettive) che amplificano notevolmente la risposta del sottosuolo.
Nel caso di bassi valori del numero di induzione, il rapporto tra la componente in quadratura del campo magnetico secondario e il campo magnetico primario può considerarsi direttamente proporzionale alla conducibilità elettrica apparente.
Dual EM è uno strumento modulare che consente di effettuare misure EM FDEM da 2 m fino a 10 metri di profondità dal pc. I sensori sono brevettati e non richiedono calibrazione. I dati acquisiti possono essere invertiti mediante uno specifico software dedicato. Le caratteristiche principali di questa innovativa strumentazione sono: struttura tubolare di piccolo diametro; configurazione modulare a scelta tra corta, media o lunga in funzione della profondità di esplorazione richiesta; fino a tre coppie di ricevitori posti a distanza e disposizione dipolare variabile rispetto al trasmettitore; sensori brevettati che non richiedono calibrazione in fase di pre-acquisizione; capacità di esplorazione simultanea a 1, 2, 3, 6 e 10 m dal p.c.; GPS Integrato all’interno.
L’intensità del campo magnetico terrestre misurata dal Magnetometro è una misura scalare o semplicemente la grandezza del campo magnetico indipendentemente dalla sua direzione. Il campo magnetico può cambiare in tempi geologici o storici e risente di variazioni diurne. Una perturbazione magnetica locale si somma al campo magnetico terrestre indisturbato con una normale somma vettoriale. Attraverso le misure di campo magnetico è possibile individuare eventuali corpi che a causa della loro magnetizzazione residua creano una anomalia nel campo magnetico.
Uno dei fattori più importanti nelle indagini con il magnetometro è rappresentato dalla distanza r tra magnetometro ed oggetto che vogliamo individuare, l’effetto del campo magnetico diminuisce molto con la distanza:
T = M / r3
dove T è il campo magnetico ed M la massa dell’oggetto, quindi una perturbazione magnetica locale sarà sentita maggiormente dal sensore più vicino.
Un Gradiometro è un magnetometro differenziale cioè misura la differenza ΔT tra le letture di campo magnetico dei due sensori posizionati verticalmente ad una piccola distanza ca. un metro/un metro e mezzo uno dall’altro. E’ importante che lo spazio tra i due sensori sia minore ri-spetto alla distanza della sorgente dell’anomalia da investigare.
Le misure gradiometriche agiscono come un “filtro”:
1) sono sincrone e quindi nel differenziale rimuovono l’effetto delle variazioni diurne del campo magnetico;
2) permettono di rimuovere automaticamente il magnetismo regionale e di individuare quei corpi che, a causa della loro magnetizzazione residua, hanno un comportamento magnetico anomalo rispetto a quello dei terreni circostanti.
I rilievi Gradiometrici sono spesso usati per indagini a largo raggio.
L’elaborazione e l’interpretazione dei dati rilevati determina mappe bidimensionali e tridimensionali del gradiente magnetico.
Il metodo G.P.R. (Ground Penetrating Radar) è una tecnica diagnostica geofisica non distruttiva, relativamente recente, che consente di ottenere immagini del sottosuolo fino ad una profondità di diversi metri. Le immagini (radargrammi) sono ottenute mediante l’utilizzo di onde elettromagnetiche che vengono immesse, riflesse e ricevute da un’antenna che viene trascinata sulla superficie del materiale da investigare. Generalmente si utilizzano sistemi mono antenna con frequenze standard comprese tra 100 MHz e 2600 MHz, in ordine crescente di risoluzione e decrescente di profondità d’indagine ottenibili.
I sistemi georadar tradizionali impiegano antenne monocanale che forniscono un singolo profilo (radargramma) per ogni strisciata effettuata all’interno della superficie di interesse.
La nuova generazione di sistemi georadar multicanale (multi-array ) utilizzano schiere di dipoli affiancati e realizzano una scansione del sottosuolo a copertura totale, ovvero basata sull’acquisizione simultanea di più profili paralleli intervallati da distanze centimetriche. Il sistema georadar multiantenna IDS Stream C, di recente acquisizione, integra in un’unica antenna 32 dipoli da 600 MHz con doppia polarizzazione (23VV+9HH), consentendo di registrare simultaneamente 32 radargrammi paralleli, spaziati in modo uniforme in modo da coprire una fascia di circa un metro di larghezza: con un unico passaggio si riescono a rilevare anomalie trasversali e longitudinali, senza la necessità di eseguire ulteriori acquisizioni incrociate riducendo notevolmente i tempi di acquisizione, ma migliorando notevolmente il dettaglio del rilievo. Il sistema può essere accoppiato ad un’antenna GPS, indispensabile per un rilievo ad elevata risoluzione nella mappatura di sottoservizi.
Il radar (Radio Detecting And Ranging), cioè radio rivelatore e misuratore di distanza, nella sua definizione più generale, è una apparecchiatura che permette di rilevare la posizione di un oggetto dal confronto tra un segnale di riferimento emesso dal trasmettitore e quello riflesso dall’oggetto (bersaglio) di cui si deve determinare la posizione. Per questo scopo si utilizzano delle onde elettromagnetiche con frequenze normalmente comprese tra qualche centinaia di MHz ed alcune decine di GHz (le corrispondenti lunghezze d’onda nel vuoto sono 1 m per i 300 MHz, e 1 mm per i 300 GHz).
Il parametro misurato è il tempo di propagazione dell’onda che, a seguito dell’intercettazione di ostacoli e discontinuità, ritorna in superficie e viene captata dall’antenna come eco riflesso. Mentre nell’aria l’onda elettromagnetica si propaga alla velocità di 300.000 Km/s, cioè di 30 cm/ns, nei materiali solidi e liquidi, essa è di gran lunga inferiore, tipicamente variabile tra 5 e 15 cm/ns a seconda delle caratteristiche del mezzo stesso.
L’immagine grafica prodotta su monitor dagli echi riflessi è una sezione bidimensionale della superficie indagata in cui l’asse orizzontale rappresenta il tragitto coperto dall’antenna lungo la superficie del mezzo investigato, mentre quello verticale rappresenta i tempi necessari all’onda per coprire lo spazio, di andata e ritorno, che separa la superficie esterna dai punti di discontinuità che hanno provocato le riflessioni.
Le proprietà fisiche dei materiali che governano la propagazione delle onde elettromagnetiche sono la costante dielettrica e l’attenuazione.
La costante dielettrica relativa (εr) è un parametro che esprime il rapporto tra la velocità degli impulsi elettromagnetici nel vuoto e nel materiale in oggetto.
L’attenuazione esprime invece la diminuzione dell’intensità del segnale per unità di lunghezza percorsa all’interno del materiale. Essa può essere considerata una funzione complessa della conducibilità elettrica, un’altra caratteristica fisica dei materiali, ed è espressa in dB/m. In generale è possibile affermare che la profondità di indagine massima ottenibile in un determinato materiale dipende dal suo valore di attenuazione. Valori elevati per i materiali caratterizzati da alta conducibilità elettrica, quali limi, argille, materiali cristallini solubili, metalli e acque saline; valori bassi sono invece caratteristici di rocce cristalline, ghiaie, sabbie e acque demineralizzate. La Tabella di fianco riporta i valori della costante dielettrica relativa e dell’attenuazione (in dB/m) per alcuni materiali più comuni. Si può notare come la presenza di acqua sia responsabile dell’aumento dei valori di entrambi i parametri, sebbene con intensità diversa nei vari materiali.
I materiali caratterizzati da elevati valori di attenuazione limitano in modo determinante la profondità di indagine; nelle argille plastiche, ad esempio, essa è ridotta a pochi centimetri e nel metalli praticamente nulla. Per contro, i materiali ad elevato valore di attenuazione sono ottimi bersagli, in quanto riflettono buona parte della radiazione incidente. Risoluzione e profondità d’indagine dipendono anche dalla frequenza delle onde elettromagnetiche utilizzate.
Una volta ottenuta l’immagine strumentale sintetica, costituita da una serie di echi successivi si tratta, ove sia possibile, di interpretare le particolarità grafiche della natura e forma di ogni elemento perturbatore.
La fase interpretativa comporta un trattamento digitale del segnale con apposito software. La sequenza di elaborazione consiste inizialmente in una serie di filtraggi matematici, seguita da successive amplificazioni o attenuazioni di determinate porzioni del segnale.
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